venerdì 19 maggio 2017

Libri da leggere - eBook letture veloci

Letture veloci, libri consigliati
Rosso porpora
1. Il teatrino dal mio studio flat

Era un venerdì. Il ventotto gennaio. Era passato molto tempo dal mio arrivo a Londra. Il monolocale mi era sembrato troppo piccolo, quando lo visitai la prima volta: una stanza di appena venti metri quadri e un piccolo bagno. Dopo otto mesi mi ero abituato. 
Il bagno, senza specchi né finestre, non dava più quel fastidioso senso di assenza di spazio. Avevo imparato a girarmi senza urtare i pochi oggetti che lo rendevano ancor più piccolo. Nella stanza, invece, per renderla più spaziosa, avevo dovuto modificare l’arredamento. 
Avevo spostato un mobile contro la parete, tra la porta d’ingresso e quella del bagno: sembrava essere disegnato proprio per quel piccolissimo angolo. Il tavolino di legno, bianco, dal design semplice, che precedentemente occupava quello spazio, lo sistemai lungo la parete opposta, sotto l’unica finestra che dava sul retro della corte in cui vivevo. 
Di fianco al tavolino, da una parte, c’era un armadio un poco instabile che poggiava contro l’angolo delle due pareti e sembrava dovesse smontarsi per cadermi addosso da un momento all’altro; nell’angolo opposto una piccola libreria, dove sistemai i pochi libri portati con me e un lettore cd audio. 
Davanti alla libreria c’era il letto a piazza singola. 
Di fianco alla porta del bagno, lungo la parete, si estendeva la piccola cucina a vista, che era composta da un lavello, da quattro fornelli per cucinare e una specie di banco tavolino sotto il quale era sistemato il frigorifero. 
Tutto sembrava essere piccolo nel mio studio flat; tutto ad eccezione di me stesso, che iniziavo a sentirmi grande in un monolocale dove non vi era posto per cose voluminose. Con il tempo mi adattai a quegli spazi. Mi trovai bene nel piccolo bagno; mi trovai bene nel piccolo letto; mi trovai bene seduto sulla piccola sedia al piccolo tavolino che si appoggiava alla grande finestra. 
Così, quella mattina del ventotto gennaio, un freddo venerdì sotto il grigio cielo londinese, mi svegliai di buon umore, pronto sin da subito per una buona colazione tipica inglese. 
Tagliai i funghi, li misi nel forno; di fianco ad essi le salsicce. 
In un pentolino misi a cuocere i baked beans e, in un tegamino, a friggere due uova; infine preparai un toast con sopra del 
cheddar.
Sulla tavola misi un tovagliolo, una forchetta e il succo di arancia: mentre attendevo che la mia colazione fosse pronta, guardavo fuori dalla finestra. Mi dava piacere. Era come aprire il sipario del palcoscenico di un teatrino. Tiravo la cordicella e la tendina, fatta di finissime cannucce di legno, si avvolgeva lentamente su se stessa e all’improvviso… lo spettacolo 
iniziava. 
Dalla mia finestra vedevo il tetto della stanza del ragazzo che viveva di sotto. Lì trovai Mike, il gatto di uno dei ragazzi che abitava nel gruppo di appartamenti adiacenti al mio. Si avvicinò. Con la zampetta bianca toccò il vetro: voleva giocare. 
Mike mi guardò. Si sdraiò sul tetto, si rotolò e di nuovo mi chiamò con la zampetta. Mi fece sorridere. Mi alzai e andai a tirar fuori dal forno la colazione. Riempii il piatto e mi rimisi seduto a tavola, al mio posto da spettatore, ma Mike non era più lì. Si era acquattato sul recinto che fa da confine tra i giardini delle varie abitazioni. Si mosse lentamente. Aveva puntato qualcosa. Era Fred, un grosso piccione, tanto grasso da sembrare un tacchino. 
Mike si avvicinava lentamente a lui, ma Fred abitava in quei giardini ancor prima che arrivassi io. Conosceva molto bene Mike e sapeva che era sempre in agguato. Così volò via sul ramo di un platano e, nel posarsi, lo fece dondolare per un po’. 
Tra i rami spuntarono, subito dopo, Molly e Ted, due scoiattoli che abitavano anche loro nei giardini delle corti. Ad essi si aggiungeva di rado un altro scoiattolo che chiamai Drake. Lui era dispettoso: inseguiva sempre la piccola Molly. 
Ted scese velocemente dall’albero inseguito da Molly. Di ramo in ramo, di albero in albero, correvano, s’inseguivano e, sul recinto sotto di loro, seduto a guardare, c’era Mike, che non avrebbe mai saputo raggiungerli: erano tanto leggeri da poter saltare ovunque, per sottrarsi alle sue grinfie. 
Ogni tanto veniva anche una volpe che, per mancanza di fantasia, decisi di chiamare Foxy e, con essa, terminava l’elenco di questi attori che recitavano ogni giorno nel mio teatrino privato. 
Mentre mangiavo la mia colazione lietamente, volsi lo sguardo alle finestre delle case di fronte. Mi domandai se qualcun altro, come me, avesse scoperto quel dolce spettacolo e se si fosse mai soffermato a guardare quel buffo teatrino. 
In alto si accese una luce. Dietro una tenda rosso porpora intravidi la sagoma di una persona dai lineamenti sensuali, nascosti nel gioco d'ombre che la luce creava sulla tendina. 
Conoscevo bene quell’ombra. In quella casa abitava Liza, la ragazza che aveva stregato la mia fantasia e che in segreto amai per molto tempo; tempo che lentamente andava via.

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